Cavaliere oggi. Anacronismo che attraversa imperituro secoli affrontando orde barbariche di plebi derisorie ed al contempo affascina contemporanee menti eccelse e non, cori univoci di compiacenti aperture alla storia come strumento di differenziazione e risalto dei valori dell’animo. 

Di certo non mera beatificazione del passato a fronte di una demonizzazione delle generazioni attuali, semmai un modo raffinato per distinguersi nell’ intrico dei moderni caleidoscopi urbani.  E’ noto, non si appartiene ad una fazione politica e non ci si riconosce in un’altra a causa dell’individualismo tipico del nostro Bel Paese, non ci sentiamo uniti nei sermoni del nostro amato Credo costituito da Dogmi incrollabili , più spesso da deboli certezze e certi praticanti dalla doppia morale, ma il bisogno di desiderare di appartenere ad un gruppo è così forte da superare il desiderio stesso e ci costringe sovente alle tipiche scissioni e sottogruppi che ormai ci contraddistinguono nel mondo.

A che servirebbe d’altronde appartenere ad un dato gruppo se non con compatta coesione. Certo non siamo più sangue dei Romani ma neppure dei Barbari ed il bianco e nero da soli non si adattano ad il nostro animo che ci spinge ad una visione della realtà intrisa di toni grigi ricchi di sfumature fantasiose tali da divenire persino a colori. E l’estro da artista che alberga in ognuno di noi percorre la nostra coscienza in lungo ed in largo svariate volte al giorno così da “lavare” ogni pensiero rivolto al “mea culpa”. Per questo ed altri simili motivi che i gruppi di appartenenza degni di nota non si caratterizzano mai per democraticità, semmai si riscontra in loro una certa tendenza alla “dinasticità” nel comando e nei migliori dei casi ad una elezione per auto-proposizione dei candidati più esperti.

Tra gruppi di appartenenza più ammalianti e perché no, anche misteriosi che il mondo antico ci ha lasciato e di cui stiamo appunto discutendo, quello della Cavalleria religiosa svolge un ruolo non di secondaria importanza nel viaggio introspettivo di Fede che sovente viene rimarcato in chiesa e poche volte si è abituati a fare. Inoltre, come appena scritto la struttura è gerarchica e disciplina il comportamento degli aderenti consentendo di migliorare la visione del lavoro di gruppo e di perfezionare l’autocontrollo.

Naturale che ci siano insofferenze, defezioni e scissioni anche qui, caratteristiche del comportamento di noi Italiani in generale che pure siamo stati più volte protagonisti di primo piano nel panorama della storia mondiale. E il culto della grandezza passata come archetipo cristiano nazionale ed europeo è pronto a risorgere ogni qualvolta squilli l’adunanza che ci vede presenti al cadenzato appuntamento annuale, al quale presenziamo disincantati ma allo stesso tempo volenterosi e speranzosi, raffinati epigoni dei nostri più credenti antenati monaci guerrieri.

Ma siamo pur sempre gli unici, a praticare l’arte del dare “pro fide pro utilitate hominum” ormai da quasi mille anni e se questo benedetto diploma non è solo staticamente appeso ad una parete ma fattivamente incorniciato nel nostro IO allora bisogna sudarselo, almeno una volta l’anno e visto il caldo estivo degli ultimi periodi, non solo in senso letterale.

Ma scrutando attentamente il significato della cavalleria religiosa odierna possiamo senza alcun dubbio attestarne la concreta utilità, non più intesa al prosieguo in senso stretto delle sue applicazioni guerresche, ma ad una meramente spirituale ed a quella di valore terreno palpabilmente più elevato che è la gioia di donare a chi è meno fortunato di noi.

Donare a chi? Donare cosa? Qui si potrebbero aprire una infinità di discussioni sul tema senza arrivare mai ad una coralità di accordi ed è per questo e per altri validi motivi, che vigono le stesse regole ormai da un migliaio di anni. Ripeto, l’ordine non è mai stato democratico e mai lo sarà, e se è fuori moda pazienza, chi così non pensa dimostra chiaramente di non poter far parte dell’Ordine stesso e più probabilmente di alcun ordine in tutti i suoi sensi. Ma a tutte le domande poste in essere dunque ai nostri eventuali dubbi ed incertezze possono rispondere le gerarchie preposte allo scopo e proposte prima di noi da chi, in principio, si è già posto le succitate questioni.  Come definire i membri di un ordine religioso oggi? Gli aderenti di un dato Ordine possono di sicuro definirsi gentiluomini cristiani, più probabilmente nel caso in questione cattolici animati da grande generosità d’animo, altruisti, inclini al perdono e ad un comportamento consono al titolo ricevuto. Tutti, ovviamente rispondono alla condizione prevista anticamente per il conferimento di titoli nobiliari che almeno moralmente significa l’essersi distinti in particolari virtù. Tutti quindi sono votati e caldamente esortati all’esercizio di tali virtù e della carità cristiana.  Il carattere cavalleresco ha ancora oggi una grande valenza morale, le battaglie combattute attualmente non più con le spade ma con gli strumenti dell’intelletto e della fede non sono meno difficili e sono più che mai attuali soprattutto in un epoca, questa, dove la nostra civiltà è debole di valori e tentata dalle “idolatrie” offerte dalle mille e mille sfaccettature incuneate nei meandri della vita moderna. Volendo usare un paradosso potrei affermare che non c’è più nulla di più moderno del classico, di ciò che rifugge le mode e le nuove linee di pensiero, ciò che resiste imperterrito ed ostinato nei secoli e che, quando si è a corto di idee e di valori torna sempre ad essere modello attuale e di esempio per tutti.  In fin dei conti sappiamo apprezzare e stimiamo quelle persone anche nemiche che non hanno paura di essere coerenti con il loro credo anche in presenza di avversità apparentemente insormontabili.  So che Il senso di appartenenza di un dato gruppo è come un elastico che viene tirato più volte in base a ciò che venendo proposto dall’alto ci aggrada o non aggrada, ma ricordiamoci che l’Ordine non può essere sempre ciò che desideriamo esso sia per noi stessi, piuttosto possiamo concorrere con il nostro impegno a farlo divenire ciò che vogliamo esso sia per la comunità. Un impegno costante o quanto meno progressivo ad approfondire la propria spiritualità anche e non solo attraverso gli ordini religiosi. Dedicare parte del proprio tempo al servizio del prossimo è una scuola di pensiero predicata da tanti e praticata da pochi ma la Cavalleria religiosa è uno strumento di sicura efficacia con cui poter esprimere con valenza corale una voce che singolarmente non sarebbe udita né sarebbe con molta probabilità di aiuto ad alcuno.

                                                                                     Comm. Michele La Rocca